Separazione di fatto e misure a protezione dell’unione coniugale

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Attualmente, dopo l’introduzione del nuovo diritto del divorzio, le cosiddette misure a protezione dell’unione coniugale sono principalmente atte a regolamentare la vita durante il periodo di separazione biennale che un coniuge, in assenza di accordo dell’altro coniuge quantomeno sul principio del divorzio, deve attendere prima di poter introdurre un’azione unilaterale.

Nell’ambito delle Misure a protezione dell’unione coniugale, il giudice adito deve disciplinare la vita separata stabilendo ad esempio

In effetti, l’art. 176 CC prevede che, ove sia giustificata la sospensione della comunione domestica, a istanza di uno dei coniugi il giudice stabilisca i contributi pecuniari dell’uno in favore dell’altro (cpv. 1 n. 1) ed emani le misure riguardanti l’abitazione e le suppellettili domestiche (cpv. 1 n. 2). Il criterio per la definizione dei “contributi pecuniari” fra coniugi riprende quello provvisionale dell’art. 137 cpv. 2 CC inerente alle cause di stato.

Secondo la giurisprudenza sviluppata nel 2021 dal Tribunale federale, l’ammontare dei contributi si calcola secondo il metodo “a due fasi”, in esito al quale l’eccedenza registrata dal bilancio familiare (data dal totale dei redditi meno il totale dei fabbisogni) va ripartita tra coniugi e i figli (DTF 147 III 265, 147 III 293, DTF 147 III 301) nella proporzione di 2 a 1 (ad esempio, in caso di due figli, un terzo dell’eccedenza per ciascun genitore e un sesto per ciascun figlio). In caso di ammanco, il debitore del contributo ha diritto di conservare l’equivalente del proprio fabbisogno minimo (DTF 127 III 70 consid. 2c con rinvii). Quanto al fabbisogno dei coniugi, esso si determina in base al minimo esistenziale del diritto esecutivo, cui vanno aggiunte le spese correnti della famiglia, in particolare i premi della cassa malati e delle assicurazioni domestiche, come pure gli oneri fiscali.